La chiesa fu aperta al culto nel 1340

La chiesa si presenta oggi nelle sue originarie forme gotiche provenzali, con una facciata a larga cuspide, nella quale è incastonato l’antico rosone traforato, con il pronao dagli archi a sesto acuto

L’interno è a navata unica con dieci cappelle per lato. Caratterizza il presbiterio la presenza di monumenti funebri della famiglia reale angioina. Al centro campeggia la tomba di Roberto d’Angiò realizzata dai fratelli Bertini, mentre le due tombe sul lato destro, destinate ad accogliere le spoglie di Carlo di Calabria e Maria di Valois, si devono al grande maestro Tino di Camaino. La tomba sul lato sinistro, invece, è di Maria di Durazzo, realizzata da uno scultore anonimo, denominato appunto Maestro Durazzesco.

Oltre ai monumenti funebri angioini in S. Chiara, sono accolte anche le spoglie della famiglia dei Borbone.

Nel 1742 la chiesa subì delle modifiche per opera dell’architetto Domenico Antonio Vaccaro. Fastosi rivestimenti donarono al complesso un aspetto barocco.

Il 4 agosto del 1943 la chiesa venne quasi del tutto distrutta da un bombardamento aereo. Essa fu ricostruita e restaurata sotto la direzione di Mario Zampino, secondo l’originario stile gotico. Dieci anni dopo, il 4 agosto del 1953, la chiesa fu riaperta al culto. 

Alle spalle dell’altare maggiore è situato l’ex Coro delle clarisse, ambiente dal quale le monache partecipavano alle funzioni religiose. La cappella, strutturata come una sala capitolare cistercense, è composta da tre navate, due delle quali coperte da volte a crociera. Il Coro, oggi Cappella dell’Adorazione, è uno spazio riservato alla preghiera,

Nel 1340 la chiesa, in cui avevano lavorato grandi artisti dell’epoca come Tino di Camaino, i fratelli Bertini e, molto probabilmente Giotto, fu aperta al culto

Subito dopo la cappella dei Borbone vi è l’unico brano di affresco sopravvissuto alle altalenanti vicende della chiesa.

Vi è rappresentata la Vergine operosa o del cucito. Nonostante un ampio guasto dell’intonaco nella porzione sinistra dell’affresco, si intravedono all’altezza della testa della Vergine le estremità delle sue dita giunte a stringere un ago e a tirare, con abilità sartoriale agile e spigliata, il filo con cui andrà a rammendare il panno spiegazzato su una sua gamba. Il Bambino, pensieroso, è seduto di lato a terra con le gambe incrociate con un dito sulla bocca, riferimento all’Eucarestia. Alle sue spalle, esattamente in asse con l’incrocio degli arti, si staglia una croce, chiaro riferimento alla Passione.

L'unica cappella della basilica ad aver conservato la veste settecentesca attualmente accoglie le spoglie di alcuni principi della casa Borbone delle Due Sicilie ed in particolare, a sinistra è il monumento funerario del principe Filippo morto nel 1777, figlio di re Carlo III, eseguito su progetto di Ferdinando Fuga da Giovanni Attigiati, mentre i puttini sono opera di Giuseppe Sammartino.

  • 1310
    La Costruzione del Complesso per volontà del re Roberto d' Angiò e della sua seconda moglie Sancia di Maiorca

    I lavori furono eseguiti sotto la direzione di Gagliardo Primario prima, e Lionardo di Vito poi. Nel 1340 la chiesa fu aperta al culto. La cittadella francescana fu realizzata costruendo due conventi contigui ma separati: uno femminile, destinato ad accogliere le clarisse, e l’altro maschile, ospitante i frati minori francescani.

  • Il Vaccaro e "l'ammodernamento"
    1742

    Il progetto fu affidato all'architetto napoletano Domenico Antonio Vaccaro.

    Fastosi rivestimenti le donarono un aspetto barocco: l'interno fu ricoperto da marmi policromi, stucchi e cornici dorate; il tetto a capriate fu nascosto da una volta decorata da grandi pittori dell'epoca

     

  • 1943
    La Guerra

    Durante la Seconda guerra mondiale, la chiesa fu quasi del tutto distrutta da un bombardamento aereo. 

  • POST FATA RESURGO
    1953

    Fu ricostruita e restaurata secondo l'originale stile gotico e, esattamente dieci anni dopo, fu riaperto al culto.

    Si presenta oggi con una facciata a larga cuspide, sulla quale è incastonato l'antico rosone traforato.

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